Induttanza simulata

 

Ovvero: come utilizzare un Amplificatore Operazionale per sostituire un’induttanza in un circuito di bassa frequenza.

 

Descrizione del circuito


Alcuni giorni fa mi sono ritrovato a riparare un vecchio amplificatore BF degli anni ’70. Il problema era che nell’equalizzatore a 5 bande le due inferiori non rispondevano ai controlli.

Mi sono procurato lo schema e ho visto che l’equalizzatore era fatto con dei semplici circuiti passa banda realizzato con condensatore ed induttanza in serie, oltre ai necessari potenziometri e un semplice stadio amplificatore a transistor.

Testando il circuito ho notato subito che il problema stava nelle induttanze relative alle due bande incriminate, e che entrambe erano aperte. Smontandole ho capito il perché. Si trattava di due induttanze con nucleo in ferrite dal valore spropositato di 3 Henry, realizzate con un filo talmente sottile che neppure con la lente di ingrandimento riuscivo a maneggiarlo, e che si deve essere bruciato anche con le deboli correnti che circolano in un simile circuito…

Su internet induttanze simili sono introvabili, le più grandi in commercio si aggirano sui 100 mH, e fare una serie di 30 induttanze non mi sembrava il caso…

Allora ho cercato una via alternativa, usando un semplice circuito con un amplificatore operazionale e pochi componenti passivi. Questo è lo schema da me utilizzato:

Il circuito ha un solo collegamento, Vin1, e si comporta come un’induttanza collegata tra Vin1 e massa.

In altre parole:

Il valore dell’induttanza è dato dalla seguente semplice formula:

L = R1 x R2 x C1

dove L è espresso in Henry, C in Farad e R in ohm.

Nel mio circuito, avendo bisogno di 3 Henry, ho usato i seguenti valori:

R1 = 100 Ohm

R2 = 100 kOhm

C1 =  0.33 µFarad

ottenendo così una induttanza di L = 3.3 Henry, che considerando le tolleranze è più che ottima per i miei scopi.

L’amplificatore operazionale da me usato è un µA741, sostituibile con qualsiasi altro tipo di operazionale. È comunque consigliabile utilizzare un operazionale a basso o bassissimo rumore, in quanto queste induttanze sono utilizzate di solito in circuiti di preamplificazione e di equalizzazione in cui i segnali sono molto deboli.

La seconda parte del circuito visibile sulla destra è un semplice partitore che serve per ottenere la metà della tensione di alimentazione da applicare all’estremo di R2. Per le resistenze del partitore ho usato due resistenze identiche Rp = 5600 Ohm, ma anche altri valori compresi tra 3300 e 47000 possono servire allo scopo.

Il partitore si è reso necessario perché il circuito in cui l’ho inserito è ad alimentazione singola. In presenza di una alimentazione duale, possiamo fare a meno del partitore e collegare l’estremo della resistenza a massa, e ovviamente l’alimentazione dell’operazionale alla tensione negativa.

Nota: per mantenere un Q basso dell’induttanza, non variate il valore della R2, tenendolo a 100 Ohm. Aumentarlo significa aumentare la resistenza interna di questa induttanza e peggiorare le caratteristiche del circuito in cui viene inserita.

Realizzazione

Per la realizzazione ho usato una piccola basetta millefori, dovendo realizzare un circuito che sostituisse in forma e dimensioni una induttanza esistente. Per le resistenze ne ho usate da 1/8 di Watt, poiché dovevo ridurre le dimensioni (Frustra fit per plura quod fieri potest per pauciora).

Il circuito realizzato sul millefori più o meno è così:

Ed ecco le induttanze simulate inserite nel circuito dell’equalizzatore:

Come amplificatore operazionale bisogna sceglierne uno a basso rumore. Il 741 visibile nella foto genera un soffio piuttosto intenso, il TL081 che ho provato successivamente va meglio, ma ancora troppo rumoroso. Ad esempio il LT1115 è un circuito della Litear Technology a bassissimo rumore che dovrebbe essere perfetto per lo scopo. Personalmente ho usato degli Op Amp di recupero con la sigla illeggibile, con un rumore più che accettabile.

Spero che questo circuito possa essere utile a qualcuno 🙂

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